Briganti d'Abruzzo

         Nei libri della collana "Briganti d'Abruzzo", scritti da Elso Simone Serpentini
ed editi da EDIZIONI DEMIAN e, a partire dal quinto volume, da ARTEMIA EDIZIONI, vengono narrate le vicende e le storie dei briganti che nelle varie epoche storiche hanno operato in terra d'Abruzzo.. 
Alla ricostruzione basata su fonti storiche e archivistiche si accompagna uno stile narrativo-letterario avvincente e fruibile con grande facilità..

1.

COLA DI BERVICACCIO
pp. 128. Euro 10,00

 

Giovedì 20 settembre 1347, sul far della sera, una minacciosa notizia si diffuse tra gli abitanti di Teramo. Un gruppo di 150 uomini,

superato lo sbarramento dei pizzolani,
valicato il Passo delle Capannelle, si stava dirigendo minacciosamente sulla città.  Alla loro guida erano i fratelli Berardo e Simone Ventura, figli del famigerato Matteo, la cui crudeltà era ben nota. I banditi si erano accampati nei pressi del Castello di Miano. 

 

Comincia così una serie di vicende che vedono protagonisti banditi dalla proverbiale audacia: Fra' Moriale, Matilonno di Mosciano, Giovanni della Montagna, il Conte di Svevia, Annichino di Moncado, Cola Orsini. Tra bande di fuorusciti, "comitive" e compagnie di ventura, si snoda la vicenda umana di Cola di Bervicaccio, il nemico giurato dei camplesi, che partecipa da protagonista ai principali fatti del suo tempo, dall'uccisione di Antonello de Valle alla lotta tra "Antonellisti" e "Melatinisti",  dall'uccisione del Duca Andrea Matteo di Acquaviva alla terribile vendetta della sua famiglia, 
fino ad arrivare alla tragica morte di Braccio da Montone.



2.

SPENNATI E MAZZACLOCCHI
pp. 276. Euro 13,00

 

Il governo dispotico su Teramo di Giosia d'Acquaviva, che ha in pratica usurpato il Ducato al giovanissimo nipote Andrea Matteo, che lo ha ereditato da suo padre Pier Bonifazio, è odiato dagli Spennati, la fazione che prosegue la politica dei Melatinisti. Viene però sostenuto dalla fazione rivale, quella del Mazzaclocchi, prosecutori degli Antonellisti, capeggiata dal temerario e crudele Marco di Cappella.  Mentre gli Spennati sono costretti a vivere 
lontano dalla loro città, banditi e fuorusciti, 
 

i Mazzaclocchi spadroneggiano.  Nelle complesse vicende che seguono, caratterizzata da una grande instabilità politica e da una lunghissima serie di rovesciamenti di alleanze, gli esponenti delle due fazioni si fronteggiano e si scontrano. Chi soccombe è costretto, per sopravvivere, a darsi alla macchia e a vivere di imprese brigantesche; chi ha la meglio si trova a governare. Questo alternarsi di condizioni di vita attraversa il regno di Re Alfonso d'Aragona e quelli dei suoi successori, mentre continua il tentativo degli Acquaviva di tornare ad impadronirsi di Teramo.

 


 

3

IL FUOCO DEI SALAMITA
pp. 216. Euro 13,00

 

Il 18 giugno del 1514, a metà mattino, dal camminamento merlato della Porta Reale si vide il segnale prestabilito: il gran giorno era arrivato. Stava per giungere a Teramo

il Corteo della Regina Giovanna, la "Regina Triste",

in visita insieme con sua figlia

"Giovanna la giovane". I teramani

vissero giorni indimenticabili. Per le due Regine fu organizzata una speciale cena nel luogo più fresco di Teramo, la Fonte della Noce. Sarebbe stata ricordata a lungo.

La città dovette in seguito lottare a lungo

per conservarsi aragonese e per evitare il ritorno sotto il dominio degli Acquaviva.

 

La municipalità arrivò al punto di impegnarsi a ricomperare la città, venduta da Carlo V all'odiata casata. Poi i Salamita, dopo un efferato crimine familiare, si diedero alla campagna e costituirono una "comitiva" di briganti. Le inimicizie tra fazioni produssero inenarrabili lutti e grande desolazione, fino a quando il 2 maggio del 1559, con una

solenne processione, non fu finalmente festeggiata

la pace ritrovata.


4

MARCO SCIARRA
pp. 280. Euro 13,00

Tutti sapevano che quel giorno, 24 giugno 1562, ci sarebbero state aspre discussioni nel Parlamento Generale, perché erano riprese le lotte tra fazioni. Il territorio teramano negli anni successivi fu più volte infestato da pericolose bande di briganti, i cui capi erano temutissimi. Il più temuto e celebrato era Marco Sciarra, che si faceva chiamare "Flagello di Dio e re della campagna", rubava ai ricchi e spartiva il bottino con i poveri, in nome di un principiio di giustizia sociale che lo portava a godere della protezione delle popolazioni rurali.

Per un decennio scorrazzò per tutto il centro Italia al comando di una banda numerosissima, organizzata militarmente, dettando legge a Cardinali e Papi e sfidando gli eserciti che gli davano inutilmente la caccia. Tornato dalla Dalmazia, dove si era posto al servizio di Venezia, sbarcò di notte sulle coste marchigiane, mettendosi nuovamente al comando di una numerosa comitiva di briganti. Fino a quando l'inaspettato tradimento del suo più fidato luogotenente non spense la sua vita sul Colle della Croce, sovrastante la città di Ascoli.


5

GIULIO PEZZOLA
pp. 280. Euro 13,00

 

Brigante, capo di briganti, cacciatore di briganti, incaricato di vigilare i confini tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio per preservarli dalle azioni brigantesche, avventuriero, pirata, Giulio Pezzola (1598-1673), che si faceva chiamare Principe del Borghetto, rimase per quaranta anni a capo di una banda che si aggirava tra gli 80 e i 300 uomini, al servizio di potenti, ma soprattutto di se stesso. Capitano di confine per il Viceré di Napoli, odiato dal Papa e dai Barberini, venne accolto nel 1652 con tutti gli onori a Madrid dal Re di Spagna.

 

Nel 1659 cade in disgrazia e gli vennero

confiscati tutti i beni. Nel 1660 con

il figlio Giacomo venne carcerato a Castel

dell'Ovo a Napoli. Da qui nel 1666 riuscì a far

pubblicare un suo memoriale, per farlo aver al Re

di  Napoli come prosecuzione di quello che  aveva

consegnato personalmente a Madrid

quattordici anni prima. Sperò invano nella

grazia sovrana e lunedì 17 giugno 1673,

nel tentativo di calarsi  con una corda troppo corta da una finestra, cadde e morì  sfracellandosi sulle rocce affioranti tra le onde del mare.

Video della presentazione del libro a Teramo, 10 aprile 2014

 

6

SANTUCCIO DI FROSCIA
pp. 294. Euro 20,00

 

Sante Lucidi, detto Santuccio di Froscia, o anche Sciarretta, per essere pronipote del più celebre brigante del Cinquecento, Marco Sciarra, nacque a Cesa, un casale di Rocca Santa Maria. Fu a sua volta uno dei più celebri briganti del Seicento, capo di una banda assai numerosa, che raggiunse al suo culmine l’incredibile cifra di un migliaio di uomini. Alla pari di altri capi briganti del suo tempo, i Colranieri, Antonio delle Piagge detto Barbarossa, Savino Savini, Tommaso Vitelli detto Tommasuolo, Medoro Narducci, Salvatore Bianchini, Spagnoletto, Carlo Pompetti, Sfamurro, i Mancecchi, egli scorrazzò alla guida dei suoi uomini in tutti e tre gli Abruzzi, commettendo ogni genere di imprese criminose: razzie, estorsioni, omicidi, rapine.

 

Raggiunto l’apice del successo, invano cercato,

inseguito e perseguitato da bandi e prammatiche “contro i delinquenti,” fece del suo castello di Boceto di Campli il suo centro operativo. Nel 1684, rimasto solo con Titta Colranieri a fronteggiare una lotta senza quartiere condotta contro i briganti dal Marchese del Carpio, partì per Venezia e sotto le insegne della Serenissima prese parte alla guerra contro i Turchi, senza mai tornare nel teramano. Sua moglie, Marianna Rozzi, rimasta sola a Campli, aveva sempre il suo nome in bocca, ripetendo “Santucce mì”.

 

 

7

VIVA FRANCESCO II
pp. 280. Euro 20,00

 

Il 9 settembre 1860 il movimento unitario si propagò anche nella provincia di Teramo, venne dichiarato decaduto il Governo Borbonico, ma la Fortezza di Civitella del Tronto non si uniformò al Governo provvisorio che era stato costituito. Posta sotto assedio, diventò, specie dopo il plebiscito del 21 ottobre, con il quale le province napoletane, vennero annesse al nuovo stato unitario, il centro ideale e materiale dell’insorgenza reazionaria filo borbonica e delle azioni di guerriglia che vennero chiamate “brigantaggio post unitario”. In coordinamento con i comitati filo borbonici, operarono gruppi armati i cui più noti capi erano Bernardo Stramenga di Villa Passo, Gaetano Troiani, detto “Caddà” di Valle Castellana, Angelo Florio di Isola, e che agivano al grido: “Viva Francesco Secondo”.

 

Altri capi briganti divennero celebri e temuti: Felice Andrea Angelini, di Prevenisco, “Lo Svizzero”, Marcello Scalone, detto “Pilone”, di Sant’Atto, Marcello Focosi, Nicola Di Giorgio detto “Caldarale”.

A partire dal saccheggio di Campli del 24 ottobre 1860,

non ci fu giorno in cui scemò la paura dei briganti. 

 

 

 

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