Il caso di via Getulio
(Il processo Galizia - 1956)

La Corte
Processi celebri teramani
Collana a cura di Elso Simone Serpentini

 
 

Al "Bar Gino"

La sera di mercoledì 18 gennaio 1956, verso le 23, Eva Costantini e Maria Grazia Di Paolantonio si trovarono a prendere un caffè insieme al "Bar Gino", che si trovava in Corso De Michetti, a Teramo, proprio davanti alla Chiesa di Sant'Antonio. Le due amiche, che avevano rispettivamente 28 e 26 anni, non si rivedevano da qualche mese, da quando Maria Grazia se n'era andata a vivere e a lavorare a Grottammare.
- Sono tornata da un paio di giorni - disse Maria Grazia, sorseggiando lentamente il caffè, che trovava sempre troppo bollente e le piaceva tiepido.
- Come ti trovi a Grottammare? - le chiese Eva, che il suo lo aveva già finito da un pezzo.
- Ti devo dire che ci sto proprio bene. Certo, d'estate si sta meglio e si guadagna molto di più. Ma pure d'inverno non va male. Molto meglio che qui a Teramo.
Nel bar non c'era nessuno in quel momento. Faceva freddo fuori e aveva smesso appena di piovere. La porta a vetri del locale era chiusa, ma faceva un po' freddo anche dentro. Il gestore del bar, seduto davanti alla cassa, vicino alla porta, sonnecchiava come al solito e il barista sfaccendava alquanto pigramente.
- Tu lavori in casa o anche per strada? - chiese Eva.
- Soprattutto in casa. D'estate, quando fa caldo, anche per strada, sul lungomare. Si guadagna bene - rispose Maria Grazia.

Aveva finito anche lei il suo caffè, ma era arrivato il suo momento preferito, quello in cui, come le piaceva molto, raschiava un paio di volte con il cucchiaino il fondo della tazzina, per gustarsi anche l'ultimo granellino di zucchero che, non completamente scioltosi, vi era rimasto, depositandosi.
- Come mai appena sei tornata a Teramo non sei venuta subito a trovarci? - chiese Eva.
- Sono passata un paio di volte davanti a casa tua - rispose Maria Grazia. - Ma non ho bussato. Avevo voglia di rivedere te e Liliana, ma non vi ho visto e così non ho bussato. Mi fa così impressione passare in Via Getulio dopo la tragedia della povera Sandra.
- Zitta, non me ne parlare. A me pare ancora di vederla affacciata alla sua finestra, ogni volta che ci passo davanti. Vedi? Anche adesso ho i brividi.
Sandra Buongrazio, una giovane di 21 anni, la cui casa si trovava al numero 28 della stessa via dove, al numero 29, si trovava quella dove abitavano insieme Eva Costantini e Liliana Catucci, si era tolta la vita, impiccandosi con una corda agganciata al soffitto della sua camera da letto. Uscita nelle prime ore del mattino, un giorno del mese di giugno dell'anno precedente, era rientrata verso le 10,30, dopo aver scambiato poche parole con alcuni vicini. Dopo pranzo si era chiusa in camera per riposare. Alle 16,30 suo fratello, non vedendola uscire, era entrato nella camera e aveva fatto la terribile scoperta. Il suo corpo pendeva dal soffitto, vestito con un abito da sposa. Tanto si era impressionato che era svenuto.
La tragica fine di Sandra aveva profondamente impressionato tutti coloro che abitavano nella stessa via e in tutto il quartiere. Per giorni e giorni per tutta Teramo non s'era parlato d'altro, favoleggiando di una lunga lettera che Sandra sembrava aver lasciato, con le spiegazioni del perché del suo tragico gesto. Poi però non se n'era saputo più nulla.
- È venuta mai fuori, poi, quella lettera di Sandra? - chiese Maria Grazia.
- No - rispose Eva. - Non se n'è saputo più nulla.
Proprio in quel momento la porta del "Bar Gino" si aprì ed entrarono alcuni giovani, che ordinarono da bere e si appoggiarono al bancone chiacchierando tra di loro, mentre il barista li serviva. Maria Grazia si accorse che Eva nel vederli entrare aveva avuto un sobbalzo e poi si era messo a guardare con una certa insistenza uno di loro, ma non gliene chiese il motivo.
- Allora andiamo? - chiese poi Eva, come se all'improvviso le fosse venuta una certa fretta di uscire.
- Andiamo.

In Via Getulio

Quando uscirono dal "Bar Gino" erano le 23,15. Si avviarono lentamente lungo Corso De Michetti, in direzione del Duomo. Non pioveva, ma faceva molto freddo. Per strada non si vedeva nessuno.
- Vieni a casa - disse Eva all'amica. - A quest'ora Liliana sarà rientrata. Così puoi salutarla.
Le spiegò poi che l'amica continuava ad ospitarla in casa sua, dietro ricompensa di una piccola somma mensile.
- Sai bene che a Liliana piace lavorare fuori casa, così io lavoro in casa ed esco poco. A quest'ora sarà rientrata.
Maria Grazia accettò la proposta e le due amiche, arrivate all'altezza di Via dell'Antica Cattedrale, distante dal "Bar Gino" poco più di centinaio di metri, l'imboccarono, continuando a scambiare quattro chiacchiere. Passarono davanti alla Chiesa di Sant'Anna, la vecchia cattedrale di Teramo, poi davanti alla caserma dei Vìgili del Fuoco e, arrivate all'incrocio con Via Torre Bruciata, imboccarono Via Getulio.
- Annarella continua a lavorare come prima? - chiese Maria Grazia.
- Come prima, più di prima... - rispose, con un sorriso ammiccante, Eva.
La casa di Anna Gambacorta, che tutti chiamavano Annarella, si trovava al numero 8 di quella via, al pianterreno. La porta d'ingresso era costituita da una vetrina opaca, non trasparente, che lasciava tuttavia vedere che la luce dentro era accesa, segno che Annarella era ancora in piedi, o stava a letto con qualche cliente.

 

* Riportiamo l'incipit del libro, volume n. 44 della Collana "Processi celebri teramani". 

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