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Elso Simone Serpentini - Loris Di Giovanni - Roberto
Carlini, "Andrea Costantini. Gran Maestro
carbonaro, Sindaco di Teramo, detenuto ai ferri a Procida, giudice", Artemia Nova Editrice, 2021, pp.480,
Euro 30.00
Andrea Costantini, teramano autentico,
uomo dell'Ottocento nato nel Settecento, dal quale aveva attinto quei “lumi” che
avevano caratterizzato quel secolo, fu un protagonista del suo tempo. Vertice
supremo della carboneria, lottò tenacemente per ottenere la Costituzione e la
difese quando, una volta concessa, venne ritirata. Fu per breve tempo Sindaco di
Teramo e attore del Quarantotto teramano. Arrestato, scarcerato, carcerato di
nuovo, processato, venne condannato dalla Gran Corte Speciale di Teramo al terzo
grado di ferri per 19 anni. Ne scontò solo cinque, prima della grazia sovrana,
nel Bagno Penale di Procida, ma furono durissimi da sopportare, in una delle più
terribili carceri borboniche, seconda solo al carcere di Montefusco. Nella
primavera del 1852 Andrea Costantini aveva 62 anni e si trovava recluso nel
carcere centrale di Teramo, in attesa di essere avviato verso la sua
destinazione.
Alcune delle accuse per le quali era
stato incarcerato e condannato erano vere, e lo sapeva. Aveva commesso reati,
almeno tali erano e apparivano a chi deteneva il potere. Altre non erano vere, o
almeno non se ne sentiva responsabile, perché aveva ispirato la propria vita a
principi politici e morali che erano da altri stati ignorati o misconosciuti.
Soprattutto non era stata riconosciuta la sua coerenza, che egli rivendicava
davanti a tanti equilibrismi di cui era stato testimone e che aveva
contraddistinto non pochi voltagabbana di cui c'era un'intera galleria nella sua
mente. I suoi ricordi erano dolorosi e aveva tanta amarezza nel cuore,
soprattutto pensando alla sua famiglia, alla quale sapeva di aver molto
sottratto per inseguire i suoi ideali politici, ai figli, ai quali andava il suo
pensiero di padre, non senza preoccupazione circa il loro futuro. A loro rivolse
la sua Difesa, un'autobiografia
politica, che lasciò inedita per dieci anni, e che pubblicò, alla fine,
aggiungendo annotazioni esplicative, quando da giudicato si apprestava,
nell'ultimo tratto della sua vita, ad assumere il ruolo di giudice, vice
presidente del Tribunale di Lanciano, ma continuando a sostenere con coerenza le
proprie posizioni politiche moderate, contro tutti gli eccessi, a dare consigli
e a prospettare obiettivi e programmi politici anche al nuovo Stato italiano
unitario.
Questo volume riscopre un personaggio
storico troppo e troppo a lungo trascurato, il cui nome è stato confuso con
quello di altri protagonisti storici che avevano il suo stesso cognome, e
oscurato da quello dei suoi figli Berardo e Settimio, entrambi anche loro
Sindaci di Teramo, e soprattutto dal nipote, che aveva il suo stesso nome e al
quale, eroe della prima guerra mondiale, la città di Teramo ha intitolato una
via e la caserma militare.
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