LA CITTA' DEI RICORDI

di Elso Simone Serpentini

Amy Rustici

 

La cameriera bussò, bussò e bussò ancora. Ma nessuno aprì. Dopo qualche ora tornò a bussare. E nessuno aprì. Bussava con insistenza perché sentiva, al di là della porta chiusa, dentro la stanza, dei gemiti. E lei era preoccupata, perché sapeva che i gestori dell’"Hotel Giardino Bagni", a Teramo, dove lavorava come cameriera, non volevano che gli ospiti portassero estranei nelle loro camere. E quei gemiti le facevano pensare che quella notte la signorina si fosse portata in camera qualcuno.

   Era stata sempre misteriosa quella signorina che aveva preso alloggio da qualche mese in quella stanza al terzo piano, ma anche sempre molto corretta. Non aveva mai dato adito a sospetti o a malcontenti. Puntuale nei pagamenti, seria nel comportamento, e mai un corteggiatore invadente, nonostante la sua avvenenza. La chiamavano "la forestiera". Si diceva che fosse stata un’attrice un tempo famosa, che si era ritirata dalle scene per qualche motivo che non si conosceva e che fosse capitata a Teramo, prendendo alloggio fisso in quella stanza del "Giardino" non si sapeva bene per quale motivo. Era ancora molto giovane, non più di 30 anni. Perché si era ritirata dalle scene?

    La cameriera bussò ancora. Nessuna risposta. Ma i gemiti continuavano, sia pure più fievoli. La porta però continuava ad essere chiusa, dall’interno. Così pensò bene di avvertire la padrona, che accorse e bussò anche lei. Anche la padrona sapeva che quella forestiera era stata un’attrice di teatro, fino a due anni prima. Si chiamava Amy, disse, poi andò a controllare sui documenti che lei aveva consegnato. "Si chiama Amina Rustici" disse alla cameriera, "ventotto anni, toscana". 

 

 

L'Albergo "Giardino"

 

    Poiché dentro la stanza si sentivano ancora dei gemiti e la porta non si apriva, la padrona del "Giardino" decise di chiamare la P.S. Dopo un po’ accorse il Delegato Cosmo Minervini, pugliese autentico, nativo i Molfetta. Bussò anche lui, ma inutilmente. Così alla fine decise di sfondare la porta. La scena che vide fu subito assai chiara. Su letto c’era una donna con la bava alla bocca, gli occhi sbarrati, con il braccio sinistro penzoloni. No, non stava male; era fin troppo evidente che si trattava di un tentativo di suicidio. Con il sublimato, era evidente. Fece subito arrivare una carrozza di città e la donna fu portata subito all’Ospedale, dove fu soccorsa con energici lavaggi allo stomaco. Ma i medici dissero che disperavano di poterla salvare, perché era in fin di vita.

    Il Delegato Minervini, che era andato anche lui in Ospedale tornò al "Giardino" e sequestrò i documenti della donna, poi fece perquisire la stanza dove lei alloggiava e dove era stata trovata esanime. Ma nella stanza non c’era niente che potesse svelare i misteri della vita della donna e spiegare i motivi del suo gesto. Intanto in città si era sparsa la voce di quel tentativo di suicidio e la gente prese a commentare e a fare ipotesi.   

   Qualche delusione d’amore? Altre volte attrici teatrali e prime donne di compagnie in tournées di varietà avevano provocato a Teramo drammi d’amore, anche se mai si era arrivati ad un tentativo di suicidio. Proprio pochi giorni prima era stata in città per esibirsi al Teatro Eden la Compagnia Siviglia-Felios, di cui faceva parte Cinzia Fulves, che aveva fatto strage di cuori maschili, e un’altra attrice della Compagnia, nome d’arte "Majolina", non le era stata da meno. Ora però la situazione era diversa. Non era stata un’attrice di teatro a provocare un dramma d’amore in qualche giovane, ma qualche giovane teramano doveva aver provocato un dramma d’amore in un’attrice di teatro. La quale, evidentemente, aveva lasciato le scene, era tornata a Teramo per stare vicino al suo amore, e poi, delusa, aveva tentato di suicidarsi. Non poteva che essere andata così la cosa. Almeno così diceva la gente che commentava l’accaduto. Nel pomeriggio il Delegato Minervini ebbe la buona notizia: la donna era fuori pericolo e lui poteva interrogarla. Ma la forestiera si chiuse in un cupo mutismo. Confermò solo di chiamarsi Amy Rustici, di essere toscana, di avere 28 anni e di essere da due anni lontana dalle scene. Non volle dire il motivo per il quale s’era ritirata, né spiegare il perché del suo gesto. E, poiché Minervini insisteva, disse: "Ragioni intime". Non ci fu verso di cavarle di più.

    Intanto era arrivato al "Giardino" anche il direttore de "L’Italia Centrale", Giovanni Fabbri. Chiese al Minervini particolari sul caso e fece capire che avrebbe pubblicato qualche riga su quel misterioso suicidio, certamente un dramma amoroso. Esso aveva suscitato non poco interesse e Fabbri voleva che i suoi lettori trovassero nel successivo numero del giornale, quello di martedì e mercoledì 13 e 13 settembre 1916 una nota su quel misterioso caso. Perciò restò molto da presso al Delegato, per conoscere i particolari più piccanti. Ma la donna, che intanto era definitivamente fuori pericolo, continuò a stare muta e a rifiutarsi di spiegare i motivi del suo tentativo di togliersi la vita con il sublimato. Quando fu riaccompagnata nella sua stanza del "Giardino", su una carrozza di città, il delegato Minervini era con lei e, prima di congedarsi volle, cocciutamente, perquisire una seconda volta la stanza. Notò che la Rustici era assai preoccupata quando lui si avvicinava ad un angolo della stanza dove c’era una mattonella sconnessa, che si muoveva sotto i suoi piedi quando ci camminava sopra. Sollevò la mattonella, forzandola con una chiave, mentre la Rusti-ci impallidiva.

    Sotto la mattonella c’erano due lettere, due lettere d’amore. Minervini le lesse e impallidì anche lui. Anzi dovette sorreggersi ad una sedia, mentre guardava attonito la donna, scarmigliata ed ansante sul letto. La prima cosa che fece fu di correre nella tipografia dove si stampava il giornale di Fabbri. Parlò con lui brevemente, bisbigliando al suo orecchio. Fabbri fermò la stampatrice, che stava già cominciando a stampare le prime copie. Fece sostituire delle righe, altre ne fece togliere del tutto, lasciando sull’impianto di stampa una grande macchia bianca, che avrebbe rivelato per sempre quell’improvvisa sottrazione. Le righe con le quali sostituì le precedenti furono "Dalla rapida perquisizione fatta dalla P.S. sul posto molto è venuto fuori che dà luce sinistra sul triste e doloroso dramma d’amore di cui si raccontano particolari in ogni angolo del capoluogo con evidente simpatia verso la poveretta".

 

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     Il Delegato di P.S. Cosmo Minervini si recò quella mattina alla Stazione di Teramo di buon’ora. Amy Rustici sarebbe partita e avrebbe lasciato una città che le aveva sempre arrecato molta infelicità. Qui aveva tentato di morire, delusa dall’amore e dalla vita. Erano stati proprio lui e Giovanni Fabbri, il direttore de "L’Italia Centrale", a racimolare quel poco denaro che avrebbe consentito alla donna di affrontare le spese del viaggio.  Quando il treno si perse alla vista e Minervini e Fabbri si avviarono verso il centro, Fabbri fece qualche domanda al Delegato sui tanti misteri di quella ex teatrante che era da poco partita. Minervini fu reticente e riservato, ma qualcosa disse. Rivelò intanto che Amina Rustici non aveva 28 anni, come dicevano i documenti che erano stati trovati nella sua camera, evidentemente ritoccati, anche grossolanamente, ma 33. Era effettivamente toscana, di Lucca. Suo padre, Placido, era morto quando lei era ancora giovanissima. Era vero che da due anni non calcava le scene, ma non era mai stata una prima donna, solo una corista, una delle tante. Solo altre, insistenti domande del giornalista, riuscirono a far dire qualcosa di più sulla Rustici da parte del Delegato. Questi confermò che la donna effettivamente si portava dietro qualche mistero.

     Fabbri tornò sulle lettere che le erano state trovate e che erano state sequestrate. Minervini fece solo qualche ammissione, ma si fece promettere da Fabbri che mai più nulla avrebbe pubblicato sull’intera vicenda. Proprio quasi al termine di quella chiacchierata, quando erano arrivati in Via degli ortaggi, sotto la sede del giornale, il Delegato suggerì a Fabbri il nome di chi gli avrebbe potuto dire qualcosa di più su Amy Rustici. Gli disse che su di lei esisteva un fascicolo del Tribunale di Teramo, che lui aveva sfogliato, e che l’Avv. De Petris che aveva patrocinato la donna, era al corrente di tutta la vicenda.

Sulle prime l’Avv. De Petris negò di sapere qualche cosa su Amy Rustici, poi cominciò a fare qualche rivelazione e cominciò a raccontare. Due anni prima, nell’ottobre del 1914, era arrivata a Teramo una notissima compagnia di operette, la compagnia di Iole Baroni, che si era esibita per molte sere al Teatro Comunale, con ottimo successo. Giovanni Fabbri ricordava bene quella compagnia, alla quale il suo giornale aveva dato poco spazio, al contrario de "Il Popolo Abruzzese" di Gaetano Pambianco, che aveva pubblicato molti e lunghi resoconti.

    Fabbri ricordava ancora che la Baroni era assai avvenente e aveva suscitato molto entusiasmo. Ricordava anche che in compagnia c’era anche un’altra cantante, Giuditta Cavallini, altrettanto incantevole. Le operette rappresentate erano state molte, alcune del tutto nuove per la piazza di Teramo; altre, più note, avevano avuto maggior successo, come "Il conte di Lussemburgo" e "La vedova allegra". Dunque la Rustici stava in quella compagnia?

    - Si e no - rispose l’Avv. De Petris. Poi spiegò:

    - Sì, perché è arrivata a Teramo insieme con la compagnia.

    - E no perché?

    - Perché non ha preso parte a nessuna rappresentazione.

    - Perché? Perché proprio al suo arrivo a Teramo Amy Rustici è stata licenziata dal proprietario e amministratore della compagnia.

    - E chi era?

    - Un certo Astro Prosdocimi, un romano di 26 anni.

   - Motivo del licenziamento?

   - Mistero.

   - E perché c’è un fascicolo presso il Tribunale?

   - Perché la Rustici aveva presentato una querela contro il Prodoscimi.

   - E il motivo?

   - Appropriazione indebita.

   - Di quale somma si era appropriato?

   - Non di una somma.

   - Allora di cosa?

   - Di un baule.

   - Un baule?

    - Un baule.

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    Fabbri non potè nascondere la propria sorpresa. Ma l’Avv. De Petris confermò la circostanza. Non stava scherzando. Il Prodoscimi era stato querelato da Amy Rustici per appropriazione indebita di un baule. Si trattava del baule teatrale che conteneva i suoi oggetti personali, la sua biancheria privata e il suo materiale di scena. La Rustici aveva indicato un valore di 1500 lire, ma aveva fatto scrivere nella querela indirizzata il 20 ottobre 1914 al Procuratore del Re dal suo patrocinatore che il baule era per lei prezioso, perché vi teneva tutto il proprio corredo personale e artistico e ora, senza quel baule, e senza lavoro, non le era rimasto che il vestito che aveva indosso. Dalle successive rivelazioni dell’Avv. De Petris, per estorcere le quali Fabbri dovette essere molto insistente, emerse che la Rustici aveva seguito la compagnia a Teramo, ma che il suo baule era rimasto fermo in stazione. Tutti gli altri bauli della compagnia, arrivati contrassegno in due vagoni ferrati (sia pure con un giorno di ritardo, tanto che la prima rappresentazione si era dovuta spostare dal sabato alla domenica) erano stati ritirati, e il contenuto era stato usato per le scene, ma identica sorta non era capitata al baule della Rustici.

    Poiché era stata licenziata, il Prosdocimi aveva ritenuto opportuno non ritirarlo e lei non aveva potuto averlo, potendo essere ritirato, e pagando il contrassegno, soltanto dall’amministratore della compagnia che l’aveva spedito. Durante tutto il periodo delle rappresentazioni teramane della compagnia Iole Baroni, la Rustici era rimasta senza lavoro, senza baule e con solo vestito che aveva indosso. Ora che tutti i bauli della compagnia erano stati riportati in stazione per essere spediti a Lanciano, precedendo la compagnia stessa nella nuova piazza, anche il suo sarebbe partito e lei non avrebbe potuto riaverlo se non fosse intervenuta la giustizia. Occorreva perciò che il Procuratore disponesse subito che il Delegato di P.S. si recasse alla stazione per evitare che il baule della Rustici partisse insieme con gli altri.

    - E' facile individuarlo - aveva detto il Procuratore Giovanni Mancini al Delegato - Ha un cartello con sopra scritto "Compagnia di operette Iole Baroni" e ancora "Rustici Amy, n. 27".

    Quando le guardie di P.S. e il Delegato erano arrivati alla stazione di Teramo, avevano constatato che i vagoni della compagnia, con tutti i bauli, anche quello della Rustici, erano già partiti. Anzi, essi erano già arrivati alla stazione di San Vito Lanciano, perché la Compagnia era partita per Lanciano, dove avrebbe dovuto esibirsi nel proprio rinomato repertorio. Da Lanciano il Delegato di P.S. Federico Rossi inviò un telegramma a Teramo: il baule era stato trovato, ma non presso la compagnia Baroni-Prosdocimi, in uno dei vagoni piombati spediti contrassegno e non ancora ritirati. Che se ne doveva fare? Attenderne il ritiro o procedere a sequestro? Nel frattempo fu disposta la citazione di Astro Prosdocimi, ma l’atto lo rincorse per tutta Italia, perché l’impresario si spostava in continuazione: Reggio Emilia, Cesena, Torino e dovunque l’atto di citazione arrivasse, il Prosdocimi si era allontanato il giorno prima.

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    Alle ore 15 del 5 novembre 1914, come spiegò l’Avv. De Petris al curioso giornalista Giovanni Fabbri, il Delegato Rossi e un folto stuolo di carabinieri e agenti di P.S. avevano provveduto, presso la stazione di San Vito Lanciano, al sequestro del baule di Amy Rustici. Era un baule di legno comune, dipinto di grigio, pesava 46 chili; sopra c’era una scritta in rosso, in parte sbiadita: "Amy Rustici, n. 27". Il baule era chiuso a chiave, assicurato con croce di spago e piombo, al quale era attaccato un cartellino con il nome della Rustici, scritto con un lapis di colore blu. Portato nella Stazione dei Carabinieri di Lanciano, il baule era stato aperto, alla presenza dell’amministratore della Compagnia Baroni-Prosdoscimi e…

    - E….? - chiese Giovanni Fabbri.

    - E… si vide quello che c’era dentro - rispose l’Avv. De Petris. - E che c’era dentro? - tornò a chiedere Fabbri.

    - Quello che c’era - rispose l’avvocato - fu ciò che in seguito indusse quella povera donna a tentare il suicidio.

   Giovanni Fabbri chiese con insistenza di sapere quello che s’era trovato nel baule di tanto importante, ma l’Avv. De Petris, sulle prime, non volle dirlo. Poi si lasciò convincere dalle insistenze del giornalista, ma volle dirglielo all’orecchio, a bassa voce. Quando Giovanni Fabbri seppe, trasalì e rimase senza parole. Era ancora quasi tramortito dallo stupore, quando l’Avv. De Petris gli disse:

    - Se pubblicate una sola parola su questa vicenda… la nostra amicizia è finita.

    Fabbri rispose con un cenno del capo, dando a quel cenno il significato di un impegno solenne.

 

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    Astro Prosdocimi era stato prosciolto da ogni accusa con una sentenza del Tribunale di Teramo del 21 dicembre 1914. L’impresario non aveva commesso alcun reato. L’accusa di appropriazione indebita di un baule e del suo contenuto, presentato contro di lui da Amy Rustici, ex attrice nella sua compagnia teatrale, si era rivelata inconsistente. Il Prosdocimi non aveva sottratto il baule. Se la Rustici non ne aveva ottenuto la restituzione, era stato soltanto a causa di una serie di errori nella spedizione del baule stesso al seguito della compagnia, di cui la Rustici non faceva più parte. Avevano testimoniato a favore dell’impresario Gennaro Montesano e Pio Ferrara al Pretore di Torino, che li aveva interrogati sulla vicenda, avevano riferito, nella qualità di amministratori della compagnia, come fossero andate le cose, dal licenziamento di Amy Rustici alla mancata consegna del suo baule.

    L’Avv. De Petris spiegò a sua volta a Giovanni Fabbri, il Direttore de "L’Italia Centrale", che cosa era avvenuto, almeno stando al racconto di Gennaro Montesano. A Napoli, disse, l’attrice aveva chiesto di assentarsi dalla compagnia per qualche giorno, prima della partenza per Roma. Aveva chiesto un permesso di cinque o sei giorni, pregando lo stesso Montesano di occuparsi del suo bauletto, che si trovava in teatro.

Il Montesano aveva disposto la spedizione del baule, ma questo, per errore, era partito con "la condotta" del teatro, anziché con quella degli artisti. Era così avvenuto che il baule non era stato ritirato alla stazione di Roma, come invece era stato fatto con i bauli della "condotta degli artisti", ed aveva proseguito per Perugia, insieme con "la condotta del teatro".

    Da Perugia il baule era arrivato a Teramo, ma qui nessuno lo aveva ritirato, in quanto nel frattempo la Rustici era stata licenziata dalla compagnia. E così il baule era partito per Lanciano, dove, finalmente, era stato trovato e sequestrato dall’autorità giudiziaria, avvertita dalla denuncia della Rustici contro il Prosdocimi. Anche quest’ultimo era stato interrogato, quando, finalmente, un atto di citazione, che lo aveva inseguito per tutta Italia, lo aveva raggiunto a Torino. Il Pretore di Torino lo aveva interrogato il 4 dicembre 1914 e si era sentito dire che tutto poteva essere spiegato dagli amministratori della compagnia teatrale Montesano e Ferrara. Astro Prosdocimi, 26enne, era, in società con Iole Baroni, proprietario della compagnia ed ora gestiva anche il Teatro Balbo di Torino. Parlando della Rustici, spiegò che a Napoli, ella, avrebbe dovuto, come tutto il personale, consegnare per la spedizione tutti i propri effetti personali racchiusi in un baule, che sarebbe stato spedito alla piazza successiva a cura della compagnia. Essendosi però assentata, la corista aveva consegnato il proprio baule non all’amministratore della compagnia, ma in teatro e così il suo baule era partito non insieme con quelli degli altri artisti, ma con quelli del teatro e aveva seguito un altro itinerario. Non era stato ritirato a Roma, ma aveva proseguito per Perugia e poi per Teramo, senza che nessun incaricato della compagnia lo ritirasse e senza che la stessa Rustici avesse potuto tornarne in possesso. Ma egli, aveva spiegato il Prosdocimi, non aveva avuto mai l’intenzione di appropriarsene né mai si era appropriato del contenuto.

 

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    Ma perché Amy Rustici era stata licenziata dalla compagnia? A questa domanda le risposte di Astro Prosdocimi furono meno chiare. Si limitò a dire, e a ripetere, senza voler dare altre spiegazioni, che era stata licenziata "per ragioni di servizio". Ma quando stava ancora a Napoli? O quando era arrivata a Teramo, nel cui teatro non si era mai esibita nella compagnia Baroni? E perché era rimasta a Teramo, pur non prendendo parte alle rappresentazioni? Con quali mezzi aveva vissuto? Il Prosdocimi non lo spiegò. Quando arrivò per lui il proscioglimento, la cosa finì lì, almeno per quello che lo riguardava. Ma la Rustici?

    Giovanni Fabbri fece molte domande all’Avv. De Petris, il quale si lasciò andare a qualche confidenza, ma il giornalista dovette essere molto insistente e dovette promettere più volte che, soddisfatta la propria curiosità di sapere, non avrebbe poi pubblicato nulla sul suo giornale. L’Avv. De Petris rivelò che Amy Rustici era stata licenziata il giorno stesso che era arrivata a Teramo. La stessa Iole Baroni, la prima donna, aveva voluto il suo licenziamento. Perché? Per gelosia. Aveva forse scoperto che la Rustici aveva una relazione con il Prosdocimi, di cui si diceva che lei, la Baroni, fosse l’amante? No. Perché aveva invece scoperto che la stessa Rustici… insomma… come dirlo? era fin troppo in intima amicizia con… Mary e Manuelita.

    E chi erano costoro? Non ricordava Fabbri quelle due cantanti e danzatrici che venivano ogni sera festeggiate al Teatro Eden, in concorrenza con la Compagnia Baroni? Amy era una loro antica conoscenza e la prima cosa che aveva fatto, arrivata a Teramo, era stata quella di andarle a trovare in teatro.

La Baroni lo aveva saputo e l’aveva cacciata. Ma allora…? Sì, le fotografie che erano state trovate nel baule della Rustici… insieme con quelle della stessa Rustici… ritraevano proprio Mary e Manuelita. E ce n’erano alcune che le ritraevano anche tutte e tre insieme…

    - Ma non mi avete detto che si trattava di fotografie alquanto compromettenti? - chiese Giovanni Fabbri.

    - Appunto - rispose l’Avv. De Petris - A riprova del loro torbido rapporto…

    - Forse - aggiunse - qualcuno aprì il baule della Rustici, vide le fotografie, fece richiudere il baule e fece in modo che la stessa Rustici non ne rientrasse in possesso dopo il licenziamento.

    Giovanni Fabbri rimase perplesso. Stava riflettendo… rimuginando. Il proscioglimento del Prosdocimi c’era stato il 21 dicembre del 1914. Amy Rustici aveva tentato di uccidersi nella sua stanza dell’"Albergo Giardino" nel settembre del 1916. Era restata a Teramo due anni. Con quali mezzi? In che modo?

Giovanni Fabbri ricordò le lettere che erano state trovate sotto alcune mattonelle sconnesse della stanza dove la Rustici aveva tentato di suicidarsi, ricordò che erano lettere d’amore… che a suo tempo il Delegato di P.S. Minervini gli aveva rivelato l’identità di chi aveva scritto quelle lettere alla Rustici… ricordò che si era pensato che, con tutta evidenza, la Rustici aveva tentato il suicidio quando le era stata annunciata la fine di un’amicizia.

    Un’amicizia? Altro che amicizia! Quella, allora, era stata una relazione, e che relazione! Fabbri ora poteva intuire tutta la verità… ed era sconvolgente. Amy Rustici era rimasta a Teramo a spese di… ed aveva tentato di uccidersi per lei! Nessuno avrebbe dovuto scoprirlo!

 

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