LA CITTA' DEI RICORDI
di Elso Simone Serpentini
La chiamavano Palma Fiorita
Si mostrò preoccupata, perché ora che si trovava in sifilocomio, e perciò non poteva guadagnare, non sapeva come restituire la somma. Mentre il Delegato Guarini studiava la situazione e i modi per aiutarla, lei aggiunse che aveva un altro debito con una collega, una prostituta del postribolo della Cirilli, di 66 lire e che voleva pagare anche quello. Chiese che la si lasciasse andare a Pescara, in modo che avrebbe potuto pagare la somma. Ma quell’agosto del 1867 non era un mese adatto per un trasferimento a Pescara, specie per una donna che si trovava nel periodo peggiore di una malattia come la sifilide. Le cose per il povero Delegato Guarini si complicarono quando arrivò da Pescara una comunicazione del Prefetto e del Delegato di Pescara. Elisabetta Cirilli, la tenutaria del postribolo, aveva dichiarato che il debito di Palma Fiorita nei suoi confronti era non di 21,25 lire, ma di 66 lire. Aggiunse che era sua ferma intenzione recarsi a Teramo, onde farsi ridare la somma da Palma Fiorita. Quando le dissero che non poteva recarsi a Pescara e, tanto meno, andare a visitare Palma nel sifilocomio di Teramo, prese a strepitare, dicendo che allora la soluzione non poteva essere che un’altra. Disse che lei era del tutto convinta che Palma non avesse i soldi che le doveva restituire, e perciò l’autorità di P.S. doveva costringerla, anche con la forza, a tornare a Pescara e nel suo postribolo, dove, con il suo lavoro di prostituta avrebbe dovuto pagare a sconto fino al saldo completo del suo debito. Tutto questo, disse, doveva avvenire nel termine massimo di sei mesi. Il Delegato Guarini sapeva che era diritto della tenutaria fare quella richiesta. Una prostituta debitrice nei confronti di una tenutaria poteva effettivamente essere costretta a tornare nel postribolo e lavorare fino a che il debito non fosse estinto completamente.
L’unica possibilità che aveva di trattenere Palma a Teramo era
quello di far presente che le sue condizioni di affetta da sifilide
non le consentivano di partire per Pescara e che, anzi, lei poteva e
doveva essere coattivamente tenuta ricoverata. Ma, evidentemente,
Elisabetta Cirilli aveva qualche santo in paradiso, perché dopo
qualche giorno riuscì ad ottenere il trasferimento di Palma a
Pescara. Lei stessa si fece garante del fatto che, fino a quando non
fosse completamente guarita, e sarebbe stata curata a Pescara,
l’avrebbe esentata dal servizio attivo. Poi lei avrebbe ripreso a
lavorare e avrebbe così potuto, ratealmente, darle il denaro che le
doveva. Quando fu chiesto alla tenutaria come si era prodotto il
debito di Palma Fiorita, si capì perché lei ci teneva tanto a che la
giovane tornasse nel suo postribolo, sia pure ospite non
lavoratrice. Il giorno in cui Palma Fiorita partì per Pescara, verso la fine di agosto del 1867, era accompagnata da una collega, Maria Marcelli, che aveva in comune con la Cirilli una storia pressoché analoga. A mano a mano Elisabetta Cirilli provvedeva a recuperare i suoi crediti, con scrupolosa meticolosità. Ai teramani, almeno agli uomini, dispiacque che Palma partisse. Nei giorni in cui era stata a Teramo si era fatta apprezzare da molti, per le sue doti fisiche e per la sua simpatia. Qualcuno l’aveva apprezzata di meno, perché si trovava ora in cura per la sifilide contratta, nonostante che in quel periodo i controlli fossero severissimi. Quando qualcuno protestò con le autorità si sentirono rispondere: - Ma che volete? Non avete visto che è stato grazie ai controlli sanitari che abbiamo "fermato" Palma Fiorita?
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