LA CITTA' DEI RICORDI
di Elso Simone Serpentini
Pasquale e la modista
- Avevamo pattuito vitto, alloggio e il compenso di una lira al giorno. - E negate che tra voi ci fosse una relazione? - Assolutamente. Lo nego. - Quando cominciarono i contrasti? - Quasi subito. Il suo contegno fu subito strano ed intollerabile. Occorreva una buona dose di pazienza per sopportarla. Tra l’altro cominciò subito a dire che Teramo non le piaceva. - Vi diede altri motivi di lagnanza? - Sì. Moltissimi. - Arriviamo al primo dei due episodi per i quali la denunciaste. - Uno dei primi giorni di aprile dell’anno scorso entrai in negozio e la sorpresi con un pacco che aveva indirizzato a tale Attilia Martelli, via Mosciarelli, n. 21, Bologna. Non sapendo di quella spedizione, le chiesi spiegazioni e lei mi disse che spediva il pacco, con dentro un cappello, ad una sua antica cliente, ma si rifiutò di aprirlo e di mostrarmi il contenuto. Chiamai allora il Delegato di P.S. Decio Sacchetti, il quale, in sua presenza, aprì il pacco e constatò che dentro c’erano due cappelli, non uno. Tutti e due di mia proprietà. - Ma siete sicuro che si trattasse di un furto? - E che altro? Se non me ne fossi accorto in tempo, quei miei cappelli sarebbero partiti per Bologna, a mia insaputa. - Ma Carolina dichiarò, poi, che uno dei cappelli lo aveva confezionato lei, con le sue mani, con stoffe da lei comperate. - Non è vero. Il cappello era del mio negozio. Senza contare quello che accadde dopo. - Che accadde? - Accadde che, mentre io accompagnavo alla porta il Delegato, lei, Carolina, se ne scappò, con in mano il pacco con dentro i cappelli, e dopo essersi presa perfino un altro cappello, che però le cadde a terra appena fu uscita in strada. - E poi? - Poi si rifugiò a casa di mia madre, povera donna, che ha 71 anni, nascose il pacco con i cappelli sotto il letto e disse a mia madre che voleva restare in quella casa e di voler mangiare e bere a spese mie. - E voi? - Che potevo fare? Potevo cacciarla via di peso? Feci delle indagini e venni a sapere che il pacco per mettere dentro i cappelli le era stato dato dal cappellaio Rubini. - Perché non la denunciaste subito dopo quell’episodio e, per farlo, attendeste il secondo episodio? - Il fatto delle 40 lire? - Sì. - Quello fu l’episodio che il 14 maggio mi convinse a denunciarla, perché il vaso era colmo. Ma come? Io sono assente da Teramo, Nicola Palumbi, di Tossicia, che mi deve dare 40 lire per alcuni acquisti fatti nel mio negozio va a casa di mia madre per consegnare il denaro e lei lo prende per sé? - Ma lei dichiarò al giudice che aveva trattenuto le 40 lire per non aver mai ricevuto il compenso per il suo lavoro. - E invece lo aveva avuto. - Andiamo, voi vi eravate limitato ad intestarle alla posta un libretto con 150 lire, dove versavate il suo compenso mensile, ma il libretto ce lo avevate voi e lei di fatto non aveva ricevuto nulla. Perciò lei al giudice istruttore dichiarò che, trattenendo le 40 lire, si era voluta rivalere per quello che non aveva avuto.. E aggiunse che non aveva mai acconsentito ad essere retribuita in quel modo, oggettivamente assai discutibile. - Non dovette sembrare convincente, se il Tribunale la condannò ad un mese e 10 giorni di reclusione. - Ma la condanna non fu per la sottrazione delle 40 lire. Il Tribunale riconobbe che il suo intento era stato quello di ottenere una riparazione e che, al più, si era trattato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, reato non punibile per mancanza di querela. - Sì, ma la condannò per furto qualificato e abuso di fiducia. - Calma, calma, Signor De Antoniis. La condannò per tentato furto qualificato, in quanto il pacco non era stato ancora spedito. - Cambia poco. La condanna ci fu, il 24 febbraio di quest’anno, con risarcimento dei danni alla parte lesa e pagamento delle spese di giudizio. Ricordo che c’eravate anche voi, quel giorno, in Tribunale. - Sì. Ma non Carolina, che se ne era tornata a Bologna. - In Via Santa Margherita n. 4. - Sapeste subito che la Guglielmini aveva presentato appello? - Certamente. Appena ricevette la notifica della sentenza del Tribunale, incaricò il suo avvocato di presentare appello. Per mia sfortuna era un avvocato di Bologna molto bravo, l’Avv. Antonino Verso-Mendola, che è riuscito a ribaltare la verità dei fatti, a mio danno. Sia pure per reità non provata, non con formula piena. - Adesso Carolina sta ancora a Bologna? - Non più. So che adesso sta a Brescia, in Corso Palestro. * L’intervista è immaginaria, ma corrisponde esattamente alle risultanze del fascicolo processuale, conservato presso l’Archivio di Stato di Teramo, busta n. 329 del fondo "Tribunale Dibattimento". |