LA CITTA' DEI RICORDI

di Elso Simone Serpentini

Pasquale e la modista

 

   - Dunque De Antoniis, cominciamo dall’inizio. Quando e perché decideste di far venire da Bologna una modista?

   Pasquale De Antoniis, notissimo commerciante teramano, 48enne, che abitava nel Castello della Monica e aveva un avviato negozio in Corso San Giorgio, nella casa Tenerelli-Montori, era decisamente sotto i riflettori quel 10 luglio 1902, all’indomani della clamorosa sentenza di appello che aveva concluso giudizialmente una vicenda che lo riguardava direttamente, della quale non v’era nessuno a Teramo che non parlasse e sparlasse. E i pettegolezzi si intrecciavano. Contento che De Antoniis avesse deciso di concedere una intervista, il Cronista sapeva che i suoi lettori l’avrebbero divorata tutta di un fiato.

   - Ai primi di gennaio dell’anno scorso – rispose De Antoniis - Da tempo avevo riflettuto e avevo capito che nel mio negozio l’opera di una modista cominciava a diventare indispensabile. Così approfittai di una segnalazione di un mio amico di Bologna, Enrico Zanetti, un altro negoziante di mode, e feci venire a Teramo Carolina. Arrivò il 29 gennaio.

   - Dunque, il 29 gennaio 1901 arriva questa Carolina Guglielmini, da Bologna, per fare la modista nel vostro negozio. Non avete pensato che qualcuno, data la giovane età della ragazza, appena 23 anni, e la sua avvenenza , potesse pensare che… diciamo così… l’avevate fatta venire per altri motivi?

   - No.

   - Eppure la prendeste in casa vostra, dove pernottava.

 

 

   - Avevamo pattuito vitto, alloggio e il compenso di una lira al giorno.

   - E negate che tra voi ci fosse una relazione?

   - Assolutamente. Lo nego.

   - Quando cominciarono i contrasti?

   - Quasi subito. Il suo contegno fu subito strano ed intollerabile. Occorreva una buona dose di pazienza per sopportarla. Tra l’altro cominciò subito a dire che Teramo non le piaceva.

   - Vi diede altri motivi di lagnanza?

   - Sì. Moltissimi.

   - Arriviamo al primo dei due episodi per i quali la denunciaste.

   - Uno dei primi giorni di aprile dell’anno scorso entrai in negozio e la sorpresi con un pacco che aveva indirizzato a tale Attilia Martelli, via Mosciarelli, n. 21, Bologna. Non sapendo di quella spedizione, le chiesi spiegazioni e lei mi disse che spediva il pacco, con dentro un cappello, ad una sua antica cliente, ma si rifiutò di aprirlo e di mostrarmi il contenuto. Chiamai allora il Delegato di P.S. Decio Sacchetti, il quale, in sua presenza, aprì il pacco e constatò che dentro c’erano due cappelli, non uno. Tutti e due di mia proprietà.

   - Ma siete sicuro che si trattasse di un furto?

   - E che altro? Se non me ne fossi accorto in tempo, quei miei cappelli sarebbero partiti per Bologna, a mia insaputa.

   - Ma Carolina dichiarò, poi, che uno dei cappelli lo aveva confezionato lei, con le sue mani, con stoffe da lei comperate.

   - Non è vero. Il cappello era del mio negozio. Senza contare quello che accadde dopo.

   - Che accadde?

   - Accadde che, mentre io accompagnavo alla porta il Delegato, lei, Carolina, se ne scappò, con in mano il pacco con dentro i cappelli, e dopo essersi presa perfino un altro cappello, che però le cadde a terra appena fu uscita in strada.

   - E poi?

   - Poi si rifugiò a casa di mia madre, povera donna, che ha 71 anni, nascose il pacco con i cappelli sotto il letto e disse a mia madre che voleva restare in quella casa e di voler mangiare e bere a spese mie.

   - E voi?

   - Che potevo fare? Potevo cacciarla via di peso? Feci delle indagini e venni a sapere che il pacco per mettere dentro i cappelli le era stato dato dal cappellaio Rubini.

   - Perché non la denunciaste subito dopo quell’episodio e, per farlo, attendeste il secondo episodio?

   - Il fatto delle 40 lire?

   - Sì.

   - Quello fu l’episodio che il 14 maggio mi convinse a denunciarla, perché il vaso era colmo. Ma come? Io sono assente da Teramo, Nicola Palumbi, di Tossicia, che mi deve dare 40 lire per alcuni acquisti fatti nel mio negozio va a casa di mia madre per consegnare il denaro e lei lo prende per sé?

   - Ma lei dichiarò al giudice che aveva trattenuto le 40 lire per non aver mai ricevuto il compenso per il suo lavoro.

   - E invece lo aveva avuto.

   - Andiamo, voi vi eravate limitato ad intestarle alla posta un libretto con 150 lire, dove versavate il suo compenso mensile, ma il libretto ce lo avevate voi e lei di fatto non aveva ricevuto nulla. Perciò lei al giudice istruttore dichiarò che, trattenendo le 40 lire, si era voluta rivalere per quello che non aveva avuto.. E aggiunse che non aveva mai acconsentito ad essere retribuita in quel modo, oggettivamente assai discutibile.

   - Non dovette sembrare convincente, se il Tribunale la condannò ad un mese e 10 giorni di reclusione.

   - Ma la condanna non fu per la sottrazione delle 40 lire. Il Tribunale riconobbe che il suo intento era stato quello di ottenere una riparazione e che, al più, si era trattato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, reato non punibile per mancanza di querela.

   - Sì, ma la condannò per furto qualificato e abuso di fiducia.

   - Calma, calma, Signor De Antoniis. La condannò per tentato furto qualificato, in quanto il pacco non era stato ancora spedito.

   - Cambia poco. La condanna ci fu, il 24 febbraio di quest’anno, con risarcimento dei danni alla parte lesa e pagamento delle spese di giudizio. Ricordo che c’eravate anche voi, quel giorno, in Tribunale.

   - Sì. Ma non Carolina, che se ne era tornata a Bologna.

   - In Via Santa Margherita n. 4.

   - Sapeste subito che la Guglielmini aveva presentato appello?

   - Certamente. Appena ricevette la notifica della sentenza del Tribunale, incaricò il suo avvocato di presentare appello. Per mia sfortuna era un avvocato di Bologna molto bravo, l’Avv. Antonino Verso-Mendola, che è riuscito a ribaltare la verità dei fatti, a mio danno. Sia pure per reità non provata, non con formula piena.

   - Adesso Carolina sta ancora a Bologna?

   - Non più. So che adesso sta a Brescia, in Corso Palestro.

* L’intervista è immaginaria, ma corrisponde esattamente alle risultanze del fascicolo processuale, conservato presso l’Archivio di Stato di Teramo, busta n. 329 del fondo "Tribunale Dibattimento".

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